Le flebiti profonde
Cosa sono, come si riconoscono e come si curano

Sono quelle che colpiscono le vene profonde e molto spesso vengono chiamate trombosi venose profonde.
- La sintomatologia è rappresentata da gonfiore della gamba e da dolore al polpaccio a camminare. Sono assenti aree di arrossamento e dolenzia superficiali come nelle flebiti superficiali.
- Le cause possono essere un trauma o una immobilizzazione prolungata, come quella dovuta ad un gesso per una frattura o anche semplicemente un viaggio in aereo in classe turistica. Le flebiti “ da gesso" oggi sono rare grazie al diffondersi dell’uso di anticoagulanti come prevenzione. In ogni trombosi venosa profonda che non abbia una causa evidente è opportuno ricercare la presenza di anomalie del sistema di coagulazione del sangue o la presenza di altre malattie di cui la trombosi è un sintomo, come ad esempio malattie reumatiche o neoplasie.
- La cura è rappresentata come per le flebiti superficiali da bendaggio elastocompressivo rigido, deambulazione e anticoagulanti. Il bendaggio in questo caso ha la funzione di evitare che la gamba si gonfi quando il paziente cammina e che si formino dei circoli collaterali. I farmaci anticoagulanti saranno prescritti a dosaggi più importanti che in caso di flebite superficiale, perché il rischio che la trombosi si estenda verso l’alto e possa anche dare origine ad una embolia polmonare è maggiore.

L’Eco-Color-Doppler nelle Trombosi Venose Profonde
La ricerca delle trombosi venose profonde viene effettuata con la CUS , cioè con la compressione ultrasonora. Si tratta di comprimere il vaso con la sonda dell’ecografo. Il vaso venoso si presenta all’ecografia come ipoecogeno, cioè scuro; l’ipoecogenicità del vaso è data dal sangue in forma liquida, ma comprimendo la vena questa si svuota e resta solo la parete. Dunque con la compressione, se il sangue è liquido e non c’è trombosi la vena si comprime e scompare. Se invece il contenuto della vena è sangue trombizzato l’immagine del vaso con la compressione non cambia. In questo caso il colore del contenuto della vena non sarà sempre scuro, perché il trombo tende a diventare iperecogeno, cioè non più nero ma grigio. Con la CUS quindi si può vedere se il vaso è libero, se è completamente o parzialmente trombizzato.
La CUS può essere eseguita indifferentemente con il paziente sdraiato o in piedi.
L’altra prerogativa dell’ eco-color-doppler in questa situazione è stabilire da dove passa il sangue nel momento in cui uno dei principali condotti di ritorno del sangue al cuore è chiuso. Per fare questo il paziente dovrà essere in piedi e si dovranno fare le manovre di attivazione della pompa muscolare. L’esame fatto con la compressione manuale non serve a niente. Il sangue per ritornare al cuore potrà utilizzare delle vene profonde “accessorie”, delle vene muscolari o impegnare il circolo superficiale e gli assi safenici. In quest’ultima situazione nelle vene perforanti alla gamba si troverà un flusso diretto verso la superficie che è invertito rispetto alla normalità ma che in questo caso ha una funzione di compenso.
L’evoluzione delle Trombosi Venose Profonde
Nel momento in cui l’asse venoso profondo è più o meno ostruito, si viene a creare un ostacolo al flusso del sangue verso il cuore. Il sangue incontra cioè una maggiore resistenza e la pressione a monte dell’ostacolo (cioè di solito nella parte bassa della gamba) aumenta creando un edema (gonfiore). Potremmo definire questa situazione una “sindrome resistiva”.
Con il tempo e con l’aiuto dei farmaci anticoagulanti la trombosi si “scioglie” ed il vaso torna ad essere permeabile. Questo processo (detto lisi del trombo) porta però a distruzione dei piani valvolari cosicché la vena, anche se è pervia non riesce a svolgere correttamente la sua funzione di far ritornare il sangue verso il cuore perché in assenza di valvole il sangue durante la contrazione muscolare sale, ma durante il rilasciamento ridiscende verso il piede. Potremmo chiamare questa situazione “sindrome da devalvulazione”.
Non sempre però il vaso trombizzato si riapre ad un calibro simile a quello precedente alla trombosi. Il trombo può anche andare incontro ad un processo di fibrosi che trasforma il vaso in un cordone fibroso completamente occluso o con un lume ristretto e tortuoso. La situazione emodinamica che si crea in questo caso è molto simile a quella iniziale, e cioè è una “sindrome restrittiva”. Vediamo cosa succede nell’uno e nell’altro caso.
Nella sindrome da devalvulazione il sangue scorre agevolmente verso l’alto sotto l’effetto della pompa valvulo muscolare, ma con altrettanta facilità ritorna verso il basso.
Nella sindrome restrittiva il sangue scorre con difficoltà verso il cuore, ma non ritorna su se stesso. Ovviamente sono possibili situazioni intermedie.
Paradossalmente rispetto a quanto si potrebbe pensare la situazione di ipertensione venosa più importante si realizza nella sindrome da devalvulazione. Quindi al paziente che durante le visite di controllo chiede ”dottore, ma si è ricanalizzata?”, bisogna spiegare che la ricanalizzazione della vena trombizzata non corrisponde al ripristino di uno stato di salute. Nelle sindromi restrittive gli assi venosi superficiali vengono sempre coinvolti, anche se in diversa misura, per compensare la funzione delle vene chiuse. Questo significa due cose:
- Il flusso invertito nelle perforanti di gamba non è patologico ma è l’origine di una via di compenso
- Lo stripping, o la demolizione della safena effettuata in un altro modo ( per esempio con il Laser) toglie al paziente questa possibilità. Nel caso in cui un paziente sia trombofilico ( cioè ha il sangue che coagula molto) e sviluppa una trombosi di una safena incontinente, questa non deve assolutamente essere tolta, perché a causa della sua anomalia lo stesso paziente potrebbe sviluppare una trombosi venosa profonda e la safena, anche se incontinente, potrebbe essere una ottima via di compenso ( vedi il video Ruolo della safena in un caso in cui le vene profonde sono ostruite).